Nuovo Corriere Laziale, 29-11-2022
Arte
L’intervista: Milko Dalla Battista, per ridere seriamente
Vignettista, grafico e designer Milko Dalla Battista collabora con numerose testate cartacee e digitali. Ha un particolare interesse per l’archeologia dal periodo protostorico sino a quello classico e per la paleolinguistica indoeuropea. Suona diversi strumenti musicali e adora la maionese e la birra trappista. Ci incontriamo a villa Bottini a Lucca durante il Festival letterario LuccAutori. Ha disegnato l’immagine di copertina dell’Antologia Racconti della Rete 2022. “Mi sarebbe piaciuto fare il fabbro ferraio, mi dice, ma mi sono ritrovato a fare il disegnatore umoristico”.
Quando hai capito che questa professione era il tuo mondo?
Professionalmente relativamente tardi. Mi sono sempre occupato di comunicazione visiva contemporaneamente del disegno di vario genere. Ho però avuto un mentore, Giorgio Cavallo, massimo vignettista italiano, che ha cominciato a spingermi a realizzare vignette quando ancora ero un ragazzino e così anni dopo l’ho accontentato. Nello stesso periodo ho incontrato Dino Aloi e l’idea di una professione con la matita in mano ha preso forma concreta.
Come nasce una vignetta e a che cosa ti ispiri?
Non so dire come nasca una vignetta. Una vignetta è un’idea, un pensiero, una forma di comunicazione, dunque è espressione di chi la realizza. Poi c’è l’aspetto tecnico che non riguarda solo il disegno in sé ma interessa anche i metodi per trasmettere il pensiero stesso, dalle figure retoriche ai giochi di parole, dalle posizioni e dalle espressioni dei personaggi alle situazioni paradossali e metaforiche. Si perfezionano col tempo ma c’è una certa predisposizione culturale.
Che differenza c’è tra una vignetta e un articolo di fondo di un giornale?
Tecnicamente una vignetta è equiparata ad un articolo di due cartelle. Detto ciò, a parte il fatto che scrivere e disegnare non sono esattamente la stessa cosa, l’ironia, il sarcasmo e l’umorismo in genere si possono esprimere con efficacia in entrambi i casi. Evidentemente la vignetta comunica in maniera più diretta e, pur restando ovviamente il prodotto del pensiero dell’autore, lascia anche al lettore maggiori spazi di riflessione.
Per un vignettista quando è importante l’uso della tecnica?
Dipende dal contesto. Ci sono grandi battutisti che non hanno bisogno di grande capacità nel disegno ed esprimono una propria sintesi grafica sufficiente a sostenere il messaggio. A me piace disegnare, moltissimo, anche quando utilizzo la battuta. E quando non la uso la tecnica aiuta notevolmente. Ma non credo che nella comunicazione la tecnica del disegno sia sempre indispensabile, entro certi limiti.
Per il tuo lavoro e direi per la tua committenza hai fatto delle scelte politiche?
Quando si comunica si esprime una parte di sé e ciascuno ha opinioni politiche, anche quando ne è inconsapevole. Certo che io ho le mie: Jacovitti diceva di essere un “anarchico conservatore”. In effetti, se hai raggiunto la sintesi di un possibile mondo di pacifici equilibri e non tolleri soprusi, arroganza e ingiustizie, sei conservatore per forza. Nel senso che non hai motivo per andare oltre, nella tua concezione di una società perfetta: tendi a conservare il tuo immaginario potenziale. Il rovescio della medaglia è che ogni giorno ti arrabbi per la stupidità che osservi intorno a te e allora la denunci con una vignetta.
Quando hai capito che questa professione era il tuo mondo?
Professionalmente relativamente tardi. Mi sono sempre occupato di comunicazione visiva contemporaneamente del disegno di vario genere. Ho però avuto un mentore, Giorgio Cavallo, massimo vignettista italiano, che ha cominciato a spingermi a realizzare vignette quando ancora ero un ragazzino e così anni dopo l’ho accontentato. Nello stesso periodo ho incontrato Dino Aloi e l’idea di una professione con la matita in mano ha preso forma concreta.
Come nasce una vignetta e a che cosa ti ispiri?
Non so dire come nasca una vignetta. Una vignetta è un’idea, un pensiero, una forma di comunicazione, dunque è espressione di chi la realizza. Poi c’è l’aspetto tecnico che non riguarda solo il disegno in sé ma interessa anche i metodi per trasmettere il pensiero stesso, dalle figure retoriche ai giochi di parole, dalle posizioni e dalle espressioni dei personaggi alle situazioni paradossali e metaforiche. Si perfezionano col tempo ma c’è una certa predisposizione culturale.
Che differenza c’è tra una vignetta e un articolo di fondo di un giornale?
Tecnicamente una vignetta è equiparata ad un articolo di due cartelle. Detto ciò, a parte il fatto che scrivere e disegnare non sono esattamente la stessa cosa, l’ironia, il sarcasmo e l’umorismo in genere si possono esprimere con efficacia in entrambi i casi. Evidentemente la vignetta comunica in maniera più diretta e, pur restando ovviamente il prodotto del pensiero dell’autore, lascia anche al lettore maggiori spazi di riflessione.
Per un vignettista quando è importante l’uso della tecnica?
Dipende dal contesto. Ci sono grandi battutisti che non hanno bisogno di grande capacità nel disegno ed esprimono una propria sintesi grafica sufficiente a sostenere il messaggio. A me piace disegnare, moltissimo, anche quando utilizzo la battuta. E quando non la uso la tecnica aiuta notevolmente. Ma non credo che nella comunicazione la tecnica del disegno sia sempre indispensabile, entro certi limiti.
Per il tuo lavoro e direi per la tua committenza hai fatto delle scelte politiche?
Quando si comunica si esprime una parte di sé e ciascuno ha opinioni politiche, anche quando ne è inconsapevole. Certo che io ho le mie: Jacovitti diceva di essere un “anarchico conservatore”. In effetti, se hai raggiunto la sintesi di un possibile mondo di pacifici equilibri e non tolleri soprusi, arroganza e ingiustizie, sei conservatore per forza. Nel senso che non hai motivo per andare oltre, nella tua concezione di una società perfetta: tendi a conservare il tuo immaginario potenziale. Il rovescio della medaglia è che ogni giorno ti arrabbi per la stupidità che osservi intorno a te e allora la denunci con una vignetta.
Giuseppe Massimini